La rubrica giovane e irriverente di Nicolò Battaglia
Claudario era amico da tempo di Fabiagio. Uno di quelli che senti la sera per una birra e finisce che la mattina dopo ti ritrovi vestito da Zorro a Roma e non sai perché.
Era quasi un mese che Fabiagio non si faceva più vivo, silenzio radar. Non lo si riusciva più a contattare. Claudario aveva provato a mandargli messaggi, messaggi vocali, meme, emoticon di vario genere, poke su facebook, ritweet su twitter, tag su instagram ma niente. aveva pensato pure di chiamarlo ma a cosa sarebbe servito? Se uno non è social non è social. Poi aveva un’altra compagnia telefonica e gli costava un occhio della testa lo scatto alla risposta.
Aveva deciso di andarlo a trovare a casa.
Fabiagio viveva in un condominio che si affacciava su Piazza XXIV maggio, conosciuta da tutti come “l’acquedotto”, dove lui e Claudario, da bambini, facevano le gare in bici, contando quanti giri dell’anello erano capaci di completare al minuto. Un pomeriggio intero, un’altra volta, lo passarono a mettere le caccole finte nel naso di bronzo del Nonno sulla panchina, davanti al monumento dei bersaglieri. Fabiagio era un burlone.
Il driiiiin del citofonò aveva distratto Fabiagio dal suo scartabellare, stava studiando la planimetria delle fognature sotto piazza Ariostea. Andò alla cornetta.
“Chi è?”
“Fabiagibuuus! Son’io…Claudario. Nessuno sa più niente di te da un mese oramai. Passavo per vedere come stavi e farti un saluto. Dai, fammi salire cinque minuti.”
Era inutile cercare di dissuadere Claudario dal fare una cosa, controvoglia Fabiagio lo fece salire in casa.
“Uuuh ma chè è?! Sembra di entrare nella caverna di Batman!”
Le serrande delle finestre erano tutte sbarrate, a far da luce solo una vecchia abat-jour della nonna Guendalisa, un dito di polvere ricopriva ogni oggetto della casa, come a proteggerlo dall’aria stantia e malvagia che si respirava lì dentro.
Si accomodarono al tavolo della cucina, che ospitava, straordinariamente in bilico, una quantità di bicchieri e piatti di innumerevoli pasti e scartoffie di ogni genere.
“Crodino? È tutto quello che mi è rimasto da bere, a parte l’acqua di rubinetto.”
Mentre sorseggiava un amarissimo Crodino del Billa Claudario provò a scoprire cosa avesse fatto in quel periodo il suo amico. Fabiagio eludeva ogni domanda con astrusi giri di parole, continuando a guardare strane mappe e prendendo appunti su cartoni della pizza unti.
“Scusa Fabiagino ma con tutto questo Crodino mi sa proprio che devo andare in bagno.”
Mentre tornava dal bagno, Claudario si mise a curiosare in giro per la casa. Che serate avevano fatto lì, quante notti insonni a giocare alla play. Com’era ridotta invece adesso, tutta sottosopra. Entrò nella camera di Fabiagino, per vedere se almeno quella era igienicamente idonea per la comune decenza.
Claudario impallidì.
Ammassate in un angolo della stanza bandiere di tutte le contrade della città. Poco più in la una tanica di guttalax quasi vuota. Una tronchese appoggiata al comodino.
Allora era lui il sabotatore del Palio! Cosa stava architettando per la domenica delle corse?
D’istinto si gettò sull’armadio. Aprì le ante e…svarionò per l’odore acre e tossico che dei secchi di nitroglicerina emanavano, impilati uno sull’altro, al posto dei vestiti.
Il povero Claudario non si era ancora ripreso che sentì un respiro mefistofelico sul collo, la paura lo aveva sopraffatto.
“Non avresti dovuto curiosare, amico.”
Un colpo alla testa con la tronchese lo mise steso a terra.
Un paio di giorni dopo, Umbertommaso e Loris, della cumpa di Claudario e Fabiagio, si chiesero che fine avessero fatto i loro amici.
“Idea! Andiamo a casa di Fabiagio a vedere di persona!”
“Fantastico! Andiamo!.”
Racconto originale di Nicolò Battaglia
Foto originale di Franco Colla
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